COSMETICI ECOBIOCOMPATIBILI

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COSMETICI ECOBIOCOMPATIBILI

ALCUNE INTERESSANTI OSSERVAZIONI SULLA COSMESI ECOBIOCOMPATIBILE, ARGOMENTO CHE COINVOLGE SEMPRE PIÙ PAZIENTI, MA SOLITAMENTE IGNORATA DAI DERMATOLOGI
Riccarda Serri
Specialista in Dermatologia - Università di Milano

 

Fonte: Dermocosmonews n. 5, nov/dic 2007 

Riccarda Serri, Direttore Responsabile
di DermoCosmoNews, intervista Fabrizio ZAGO, chimico, consulente ECOLABEL, marchio
europeo per la ecocompatibilità. In questa intervista viene dato rilievo alle osservazioni e al parere di Fabrizio Zago, chimico, uno dei massimi esperti europei in tema di ecocompatibilità e biodegradabilità dei prodotti cosmetici.


1) Che cosa è per te, chimico, la cosmesi ecobiocompatibile
I consumi di cosmetici in Europa hanno raggiunto un livello enorme.
Il totale dei consumi nei 25 paesi della UE è pari a 2 milioni di tonnellate per anno. Facendo due conti ci si rende conto immediatamente che ogni giorno vengono immesse nell’ambiente 5.100 tonnellate
di prodotti cosmetici. La normativa europea vigente NON considera la biodegradabilità delle sostanze utilizzate nei cosmetici e molte di queste 5.100 tonnellate quotidiane non sono biodegradabili e vengono immesse nell’ambiente sapendo che lì rimarranno per un periodo indefinito di tempo.
Per me la cosmesi “eco” è la scienza che studia e sviluppa formulazioni attente all’ambiente, considerando per “ambiente” ovviamente e per primo l’essere umano.
La cosmesi “bio” è quella parte della cosmesi che cerca di ottenere il risultato di rispetto ambientale,
a tutto tondo, utilizzando sostanze di derivazione naturale e preferibilmente biologica.

2) Da che cosa sono caratterizzati gli ingredienti ecobio
Sono caratterizzati principalmente alla loro provenienza ovvero dalla loro naturalità. Ma anche il modo di lavorazione delle sostanze ha la sua, grande, importanza. Nei vari disciplinari biologici si da molta importanza ai processi a cui la sostanza viene sottoposta ed in generale vengono ammessi soloprocessi di tipo fisico come distillazione, filtrazione etc, ma non processi che alterino radicalmente la struttura stessa della sostanza.
L’osservazione di base può essere la seguente: gli ingredienti ecobio sono più sicuri di quelli sintetici perché non contengono microelementi potenzialmente molto pericolosi.
L’esempio classico è la discussione sul Sodium Laureth Sulfate a cui sono stati attribuiti praticamente tutte le malattie del mondo. Ebbene è stato dimostrato che questa sostanza non ha nessuna pericolosità ma un suo inquinante, che si forma durante la sintesi chimica, il “diossano”, è una sostanza CMR e per questo chi afferma che il Sodium Laureth Sulfate è cancerogeno dice una mezza falsità (perché non è vero) ma anche una mezza verità perché un suo microinquinante lo potrebbe essere.

3) Perché l’ecobio dice no ai petrolderivati
Queste sostanze possono benissimo essere sostituite da derivati vegetali.
In un interessantissimo articolo Topical ointment for preventing infection in preterm infants - Cochrane Review) si mette in relazione l’insorgenza di infezioni su soggetti prematuri con l’utilizzo di unguenti basati su derivati petroliferi.
Oggi la moderna chimica delle materie prime offre una gamma di derivati vegetali che
francamente mette in soffitta il vecchio petrolatum o paraffinum liquidum che dir si voglia.
NOTA di SERRI: Non dimentichiamo che ultimamente i petrolati stanno diventando dei “sorvegliati speciali” in campo cosmetico, in quanto oggi la nuova edizione della direttiva cosmetica sta aggiungendo petrolati e paraffine nella lista delle sostanze che non
possono entrare, in nessuna percentuale, nella composizione del cosmetico, in quanto derivati da un prodotto cancerogeno (il rischio è che contenga residui).
In alternativa, per esempio, l’interessantissimo politecene idrogenato, che, sebbene non del tutto biodegradabile nell’ambiente, è assai più biocompatibile delle paraffine e dei
petrolderivati.

4) Perché l’ecobio dice no ai PEG
Perché, nonostante gli enormi progressi fatti, la condensazione di alcoli grassi con ossido di etilene, cioè la sintesi chimica con cui vengono prodotti la maggior parte dei tensioattivi, non è ancora riuscita ad eliminare la produzione di piccole quantità di diossano ovvero di una sostanza molto pericolosa.
La ricerca di sostanze alternative agli etossilati per uso cosmetico sta facendo progressi inimmaginabili solamente qualche anno fa. E da questa industria stiamo ricevendo molte sostanze veramente interessanti. Gli alchil poliglucosidi ad esempio sono ormai diffusi in moltissimi prodotti da risciacquo, non contengono né PEG né, quindi, diossano, sono
molto ben tollerati dalla pelle e sono “costruiti” con olio di cocco e farina di mais cioè sostanze rinnovabili.

5) I siliconi: perché no
I siliconi sono perfettamente non biodegradabili sia in condizioni aerobiche che anaerobiche quindi rimangono nell’ambiente.
C’è certamente un problema sulla salute dei consumatori. Questa affermazione la deduco da alcune osservazioni:
- le protesi siliconiche sono state proibite (in Italia) per il sospetto che fossero causa di gravi malattie.
- Alcuni siliconi, volatili in particolare, sono stati tolti dal mercato perché potevano causare danni per l’apparato respiratorio.
Il rischio è soprattutto legato ai siliconi volatili, quelli che evaporano (e che danno il noto “oilnonoil).
Personalmente sospetto che il potere solvente dei siliconi sia elevatissimo e quindi capace di intervenire in questo senso a livello cutaneo e questo certamente non è una cosa auspicabile.
Infine devo ammettere che la sensazione di pelle liscia che un silicone è in grado di conferire ad un preparato cosmetico è senza paragoni.
Ma si tratta proprio e solo di una sensazione cioè trovo che i siliconi siano delle sostanze illusorie.
In realtà i siliconi sono utili a migliorare reologia, consistenza del prodotto e compliance.
NOTA di SERRI: Personalmente sto vedendo sempre più casi di intolleranze e reattività a cosmetici troppo ricchi di siliconi: fino ad una percentuale dello 0,5-2% sono ottimamente tollerati, e migliorano le performances del prodotto. Oltre possono creare delle situazioni di reattività locale, secchezza, desquamazione, allargamento degli ostii follicolari.

6) Quali sono gli ingredienti più “a rischio” – per la cosmesi ecobiocompatibile - attualmente presenti nei cosmetici
A rischio per l’ambiente sono tutte le sostanze non biodegradabili: petrolatum, siliconi, le sostanze in grado di generare molecole pericolose come la Cocamide DEA in presenza di nitrosanti (genera nitrosoammine).
A rischio per l’uomo è l’elevata presenza, anche nei cosmetici di uso continuato e pediatrico, di sostanze battericide o che abbiano comunque un’azione antibatterica. Molte di queste sono cessori di formaldeide cioè di una sostanza CMR su cui ormai anche i più tenaci sostenitori hanno ceduto di fronte all’evidenza della sua pericolosità.
Sostanze imidozolidinyl urea, diazolidinyl urea, sodium hydroxymethyl glycinate, benzylhemiformal, 2-Bromo-2-nitropropane-1,3-diol, DMDM Hydantoin sono cessori di formaldeide (vedi il parere del SCCNFP/586/02) e normalmente presenti in moltissimi cosmetici non solo in quelli che si risciacquano immediatamente dopo l’uso ma anche quelli che rimangono sulla pelle per il giorno intero.
Un caso a parte è costituito dal Triclosan. Si tratta di una sostanza ad elevato potere battericida, praticamente onnipresente, in particolare nei dentifrici e nei deodoranti.
Ebbene questa sostanza è stata indagata dal Governo.
Svedese che è riuscito a trovarne in ogni luogo ma quello che ha creato apprensione è che la sostanza è stata rilevata nel latte materno.
L’apprensione igienista sta creando dei problemi enormi.

7) Un cosmetico ecobio può essere totalmente sintetico
Io non sono un fanatico che si rifiuta di vedere i progressi fatti dall’industria chimica. Senza questi progressi non ci sarebbero, ad esempio, gli alchil poliglucosidi di cui
abbiamo accennato prima. Un alchil poliglucoside è un prodotto “eco”, perché è facilmente e rapidamente biodegradabile sia in condizioni aerobiche che anaerobiche.
E se vedessi un prodotto con una decina di sostanze vegetali suggerirei di fare attenzione perché le allergie sono in agguato. Concludendo occorre essere equilibrati, anche nel campo dei cosmetici ecobiocompatibili, e valutare quello che c’è di positivo proveniente sia
dalla natura, sia dall’industria chimica.
Ma sempre con il pensiero, sia per chi formula che per chi usa, alle 5.100 tonnellate di cosmetici che scarichiamo nei fiumi, nei laghi e nei mari ogni giorno.

8) Secondo te la grande produzione potrà mai produrre ecobio
Certo che sì! Perché conviene!
L’ultima indagine dell’osservatorio europeo sulla sensibilità ecologica dei cittadini europei (26.000 intervistati nei 25 paesi dell’Unione) dimostra quanto sia grande la sensibilità
ecologica. Il 44% di questi intervistati dichiara che sono perfettamente disposti a cambiare i loro consumi a beneficio dell’ambiente.
Fino alla fine del secolo scorso il percorso del marketing era arrivato alla concezione salutista dei prodotti di consumo e di quelli alimentari in genere. Vedi l’enorme successo
del bio alimentare. Ora, i distributori, si stanno chiedendo quale sarà l’orizzonte degli anni duemila.
La risposta che viene da più parti è quella del prodotto “Etico” cioè del prodotto che comporta criteri di ecologia e di equo sostenibilità.
Molto interessante quest’ultima cosa perché prevede che si dovrà creare un nuovo mercato delle sostanze e dei prodotti che ne derivano.
La più grande organizzazione europea di distribuzione ha una direzione “Sviluppo sostenibile” non si occupano di fare beneficenza ma di cogliere gli aspetti di sostenibilità legati alle composizioni dei prodotti, delle confezioni, del ciclo di vita del prodotto.
Questo è certamente interessante e tutto sommato ci da ragione dopo anni in cui eravamo visti come dei sognatori ovviamente il rischio è che quando l’ecobio diventa interessante per il business, gli ecofurbi cominciano a proliferare.

9) Ecobiocompatibilità e conservazione: il punto di vista del chimico
Gli elementi che influiscono sulla conservazione sono pochi e molto chiari:
- l’acqua di processo è il maggior responsabile di inquinamento dei prodotti finiti. Una nuova cosmetologia potrebbe, ad esempio, lavorare su formulati con meno acqua fino ad arrivare all’auto conservazione dei prodotti (se non c’è acqua il prodotto non può marcire).
- Alcuni Sali hanno un’ottima capacità battericida. L’acqua del mare non marcisce nonostante tutte le schifezze che scarichiamo ogni giorno: ciò dipende dal suo contenuto salino, che è compatibile con la vita delle alghe ma molto meno con quello dei
microrganismi mesofili. Anche in questo campo occorre lavorare.
- Infine non c’è nessun motivo tale per cui che un cosmetico debba “marcire” se è stato prodotto e confezionato in condizioni di buone pratiche di laboratorio.
Una volta prodotto, è chiaro, si passa al problema del contenitore.
Tra un vasetto di crema in cui sono costretto ad infilare le mani per prelevarne la quantità che mi serve e la stessa emulsione confezionata in un tubetto o in un dispenser, la quantità di conservanti che mi servono è completamente diversa ed in particolare è
bassissima per un tubetto e molto elevata per un vasetto. Ovvio che la cosmesi ecobio deve rivolgersi a strutture di confezionamento che rendano meno attaccabili dai
microrganismi i prodotti.
Concludo dicendo che veramente c’è bisogno che i formulatori di cosmetici si mettano a lavorare perché non manca nulla alla riuscita di una cosmesi ecobio coerente e valida. Ci sono le sostanze, gli enti di verifica e controllo in modo da fornire prodotti certificati e sicuri, le tecniche di produzione e di lavorazione ed infine c’è anche la domanda dei consumatori. Quale miglior congiuntura per rispettare di più noi stessi e l’ambiente che ci circonda?